Hospice Paolo VI. L’esperienza di Alessandro e di sua moglie Gigliola

Hanno lo sguardo illuminato da un guizzo di serenità Gigliola Baccarini e Alessandro Gelagi quando raccontano la loro esperienza nell’Hospice Paolo VI del centro servizi Civitas Vitae Angelo Ferro della Fondazione Opera immacolata concezione Onlus di Padova.

«Da quando siamo entrati in Hospice dieci giorni fa – spiega Gigliola – abbiamo trovato una famiglia che ci ha accolto e ci ha sollevati dalle preoccupazioni, dalle paure e dalle fatiche quotidiane».


Alessandro e Gigliola sono marito e moglie dal 1976. Lei infermiera e ostetrica, lui prima diplomato perito industriale ha lavorato come capotreno e poi, alla soglia dei 40 anni, ha voluto conseguire il diploma magistrale che gli ha permesso di cambiare lavoro entrando del mondo della scuola come maestro fino al giorno della pensione.

La malattia di Alessandro è arrivata inaspettata cambiando la loro vita senza chiedere permesso.
Per tre anni, in coincidenza della pandemia, i due coniugi si sono ritrovati a casa da soli a prendersi cura l’uno dell’altro. Gigliola nel suo ruolo di caregiver che pian piano ha aumentato in lei le paure, le preoccupazioni e l’ansia per la salute del marito. Alessandro nel ruolo di chi, suo malgrado, aveva bisogno di assistenza e, consapevole della stanchezza che vedeva pian piano fagocitare sua moglie, si sentiva responsabile della situazione, quasi in colpa.


La coppia circa un mese fa, grazie all’Ulss6 e ai suoi medici che seguono Alessandro, ha incontrato l’équipe dell’Hospice Paolo VI della Fondazione Oic Onlus di Padova.

«Fin dal primo incontro – prosegue Gigliola – mi sono sentita appoggiata, compresa nei nostri bisogni e protetta. Non posso nascondere che ero piena di sensi di colpa perché quando si parla di pazienti in fase terminale si entra in un mondo sconosciuto. Quindi inizialmente temevo che il mio potesse apparire come un gesto di abbandono ma non avevo più la forza di proseguire in casa. Mi accorgevo che non riuscivo più a dare serenità a mio marito pur accudendolo con tutte le mie energie. Lo stress e la fatica mi stavano schiacciando rendendomi a volte irascibile pur non volendo».

L’entrata in Hospice ha portato serenità nella coppia lo si capisce guardandoli in quel loro modo familiare di parlarsi con Alessandro incline a rigettare ogni imposizione e Gigliola pronta a sorridergli dietro la mascherina per riportarlo al tavolo della mediazione.

«Ora che Alessandro è seguito dall’équipe dell’Hospice – conclude Gigliola – ho ricominciato a dormire la notte cosa che ormai non facevo più da tre anni perché a ogni movimento di Alessandro mi svegliavo per paura che avesse bisogno di cure. Sono meno tesa e vengo a trovarlo portandogli la serenità di cui ha bisogno. Ho imparato che affidandolo alle cure di questa struttura io posso togliermi la divisa da infermiera e ritrovare con lui il rapporto di tenerezza che abbiamo costruito in questi anni».

Dal canto suo Alessandro se pur in fase di adattamento ai ritmi richiesti da una struttura come può essere l’Hospice ci tiene a concludere la chiacchierata sottolineando che si sente: «come in un albergo a cinque stelle e sono felice di vedere Gigliola serena. Questa è la mia forza».

L’Hospice Paolo VI è una struttura residenziale socio-sanitaria che si dedica all’erogazione di cure palliative. L’obiettivo delle cure palliative è quello di migliorare la qualità di vita dei pazienti e dei loro famigliari che si confrontano con una malattia inguaribile ed evolutiva attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza (OMS, 2002).

È una struttura convenzionata con l’Aulss 6 Euganea che non prevede oneri economici a carico dell’utenza. Sono presenti 17 stanze singole. Ognuna di esse è dotata di un bagno attrezzato, di aria condizionata, di una poltrona e un divano letto che permette il pernottamento di un familiare/care giver. La struttura è pensata in modo da ricreare, per quanto possibile, un ambiente familiare.